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L'intervista: Tobia Alessi

ALESSI DOMENICO - L'intervista: Tobia Alessi

La forza innovativa di avere 20 anni.


Incontro con Tobia Alessi, responsabile Ricerca e Sviluppo di Domenico Alessi SpA

Non capita tutti i giorni di incontrare un ragazzo di 20 anni che ricopre un ruolo di responsabilità all’interno di un’azienda. Anzi, per lo specifico settore di competenza si può dire che è una circostanza più unica che rara. Tobia Alessi è il responsabile Ricerca e Sviluppo della Domenico Alessi Spa. Come tutti i ventenni, Tobia coltiva i sogni che danno linfa alle speranze della sua stupenda età. Ma si capisce subito che è un giovane con la testa sulle spalle. Anche perché il suo sogno lo sta già realizzando.


Tobia Alessi, cosa significa avere 20 anni e avere quindi gli interessi di tutti i ragazzi della sua età ma essere in contemporanea anche un responsabile di un’azienda di questo livello?
«Innanzitutto significa tanta voglia di crescere, di non smettere mai di imparare e di dire: “Si può fare sempre di meglio”. Significa appassionarsi al proprio lavoro, che è una cosa che è venuta per caso, d’estate dopo gli esami di scuola. È comunque una grande responsabilità che mi sono trovato e mi sono anche cercato. Mi ha sempre affascinato la manualità del lavorare, fare qualcosa di concreto».

Chi era Tobia prima di diventare responsabile della Ricerca e Sviluppo?
«Frequentavo il Liceo Linguistico. Un Liceo che mi ha sempre interessato perché mi sono sempre immaginato, in un futuro, che mi sarebbero serviti l’Inglese e le lingue per avere una conoscenza migliore di qualunque fosse stato il lavoro che mi sarei scelto. Finiti gli esami che facevo da privatista, nei tre mesi estivi, con gli amici che erano andati via per le vacanze, restare a casa mi annoiava e ho iniziato a venire in azienda a fare i lavori un po’ più semplici, come prendere fogli e andare a uffici. Comunque è stata la mia prima introduzione nel mondo del lavoro. Vedere quali sono gli orari, svegliarsi presto, avere degli obiettivi, appuntamenti e quindi essere precisi. Sentivo di avere responsabilità che prima con la scuola, a parte svegliarsi presto, non avevo. Mentre con il lavoro chiamare persone ed essere puntuali comportava delle piccole grandi responsabilità».


Tra il momento in cui lei prendeva fogli e andava a uffici e il momento in cui è diventato responsabile Ricerca e Sviluppo, cosa è successo? Quale è stato il percorso?
«Il percorso è stato inaspettato, iniziato grazie a mio papà, supportato da Alice e Filippo. Come loro ho imparato tutti gli step del lavoro per avere il mio bagaglio personale e poter dare qualcosa di aggiunto all’azienda. Apprendere come arriva l’oro e come si lavora, reparto per reparto contribuisce a dare una grande consapevolezza e conoscenza
del prodotto, dei suoi processi di sviluppo. Un percorso che è durato circa un anno e mezzo e che mi ha portato dal primo step nella Trafileria ad arrivare fino all’Ufficio Controllo e successivamente
ad essere responsabile dell’ufficio Ricerca e Sviluppo. Una responsabilità che riguarda non solo l’ideazione di nuove catene ma anche lo sviluppo della produzione di catene già esistenti con meno costi, più risparmio di tempo, minor dispendio di energie».

Dunque Ricerca e Sviluppo alla Domenico Alessi cosa significa?
«Non fermarsi mai, avere sempre un nuovo obiettivo, non avere limiti, poter sperimentare. Una cosa molto importante è la fiducia che mi hanno dato i miei fratelli Filippo, Alice e mio padre ma anche i nostri collaboratori come Mauro responsabile della produzione e Paola dell’ufficio controllo. Ho la libertà di potermi esprimere in maniera creativa, osando e cercando di affrontare nuove sfide. La sperimentazione sul prodotto e sui materiali unitamente al confronto continuo con chi ha più esperienza di me credo siano i valori che ci hanno portato ad avere dei successi come la Figaro 3 Colori di lega naturale, un nostro punto forte».

La sperimentazione cosa riguarda? I materiali, i processi produttivi? Cosa si sperimenta nel reparto?
«Con la catena si può partire solamente da un materiale che è l’oro, oro bianco, oro giallo o rosé, e da qui si può aprire un mondo. È un processo lungo che richiede tanta pazienza nel trovare il giusto compromesso tra l’idea, i macchinari, il tempo e lo stesso materiale che deve prestarsi alla lavorazione.»

Parliamo appunto di risultati. Quali sono i risultati di prodotto di cui lei è più orgoglioso?
«Due prodotti uno particolare. La Figaro 3 Colori di lega naturale è stato uno dei miei primi progetti nato da un’idea. È una catena, una combinazione di oro giallo, oro rosa e oro bianco col risultato, che è stato anche un sfida, di avere un unico filo di oro di tre colori di lega naturale differente. Fino ad oggi il “tre colori” era sempre stato pensato come una maglia rosa, una bianca e una gialla o viceversa, abbiamo quindi rivoluzionato il concetto del tre colori creando una catena nuova. L’altro prodotto è molto più semplice ma secondo me è altrettanto
bello. Si tratta di una catena forzata che nasce rolò però, attraverso dei macchinari, viene girata maglia per maglia attraverso una deformazione plastica. Modificando anche di pochi millimetri una gradazione del macchinario e modificando la lavorazione siamo riusciti a dare alla catena un altro tipo di forma, più rettangolare. È stata una sfida per cambiare geometricamente il concetto di catena».


La Domenico Alessi ha una sua visione. Lei che visione ha?
«La mia visione è innanzitutto come famiglia. E cioè avere tutti le stesse idee, quindi riuscire ad approcciare le rispettive idee e integrarle in una visione unica ma mantenendo la propria specificità. Per quanto mi riguarda la visione è quella di non fermarsi a quello che possono essere una catena base, gli standard o alcuni tipi di lavorazione e di ricercare sempre il macchinario, la modalità che possa innovare se non rivoluzionare il processo di produzione».

Mi raccontava che i suoi amici non capiscono che cosa fa. Cosa dice per spiegarglielo?
«Io spiego che sono a capo di un team di Ricerca e Sviluppo che ha il compito di trovare nuove idee e di svilupparne anche di vecchie, magari alcune che non sono state ancora portate a termine. Spiego
anche che però oggi con materiali e macchinari nuovi c’è la possibilità di farlo».

Loro cosa le dicono?
« Dicono: “Tobia, hai 20 anni non ti spaventa questa responsabilità?”

Lei come replica?
«No non mi spaventa, bisogna avere tanta forza di volontà e tanta voglia di impegnarsi, di mettersi in gioco».

Tobia, cosa farà da grande?
«L’orafo».


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